L'associazione culturale Savin è stata costituita "ex novo" nella forma attuale, nel giugno del 2006, anche se la prima costituzione del "Gruppo culturale Savin" che la precedeva risale all'anno 1981. Da allora l'Associazione persegue lo scopo di valorizzare, diffondere e sostenere la cultura sotto svariate forme, promuovendo mostre, incontri, convegni, pubblicazioni, film e dibattiti.
NELLA SEZIONE PROGETTI TROVERETE IL REGOLAMENTO per l'edizione 2024 Il concorso organizzato dall’Associazione Culturale Savin, secondo i fini sociali del sodalizio, tende a valorizzare la cultu...
La mente è quella dell'associazione culturale "Savin", attiva a Roburent fin dagli anni Ottanta; le braccia, o meglio, le tastiere sono quelle dei talenti letterari d'Italia, più o meno ...
L'associazione Savin è un contenitore in assiduo fermento. Il suo punto di vista è spesso quello della montagna Monregalese ove essa opera; di questo sono chiaramente espressione varie iniziative legate al territorio, ma il suo sguardo spazia molto volentieri oltre qualsiasi linea di confine, confrontandosi con temi storici, letterari, di attualità o etnografici di sapore globale.
Qualche "pillola" per chi frequenta la nostra Valle e sul come raggiungerla. Sono tante le attrattive per chi ama e pratica lo sport, le attività all'aria aperta, il cinema e la buona cucina.
L'ampia porzione del basso Cuneese che si estende da Mondovì verso sud fino a raggiungere le cime delle Marittime.
In
Proiezione delle anteprime della stagione, 269 posti a sedere, Dolby Surround, accesso per disabili. I cani sono ammessi. Inizio proiezioni ore 21:00, salvo diversamente indicato.
Cinema Teatro Sangiacomo - Tel. 0174 22 71 05
SABATO
20 APRILE 2024
CHIUSO CHIUSO
CI RIVEDIAMO GIOVEDI' 25 APRILE
GIOVEDI'
25 APRILE 2024 ORE 21:00
SABATO
27 APRILE ORE 21:00
GHOSTBUSTERS:MINACCIA GLACIALE
VENERDI'
26 APRILE 2024 ORE 21:00
DOMENICA
28 APRILE 2024 ORE 21:00
UN MONDO A PARTE
EVENTUALI COMUNICAZIONI SARANNO AFFISSE NELLE BACHECHE
e alla pagina instagram @cinemasangiacomo
L'ampia area che comprende la Valle Casotto, la Valle del Roburentello e la Valle Corsaglia è stata individuata da recenti studi come una delle zone italiane con la maggiore concentrazione di ozono. La nostra montagna, ricca di una lussureggiante vegetazione, è il magico teatro di una rete fittissima di itinerari che si possono compiere immersi in un ambiente decisamente salubre e rigenerante. Alcuni di questi, più noti e frequentati, sono segnalati ed indicati su apposita cartografia, altri sono intuitivi, altri ancora idonei a camminatori esperti ma ciascuno può essere occasione di escursioni e passeggiate indimenticabili.
L'anello dei "Tre Comuni"
Questo interessante itinerario lambisce i comuni di Roburent, Pamparato e Montaldo.
Le acque pure dei fiumi che attraversano le valli del Monregalese, sono ricche di fauna ittica, ma tra tutti i pesci presenti, che attirano nel periodo prima-vera-autunno un gran numero di sportivi per la pesca in valle, spicca la regina di questi corsi d'acqua: la trota fario. I buongustai apprezzano questo pesce d'acqua dolce per le sue qualità di gusto e tenerezza. Il pesce, dal mantello brillante ed argenteo, col dorso scuro ed i fianchi trapuntati dai noti circolini color rosso vivo, si ditin-gue sulle tavole per la prelibatezza delle sue carni rosee. Preparate al cartoccio, oppure servite in delicati filetti insaporiti dalle erbe, o ancora affumicate, cotte sulla brace, o in carpione le trote fario dei torrenti locali sono molto ricercate.
LA LICENZA DI PESCA
Per esercitare la pesca nelle acque interne della provincia di Cuneo, è necessario munirsi di licenza rilasciata dalla provincia di residenza secondo le norme vigenti nella regione di appartenenza.
Le informazioni sotto indicate sono quindi valide per tutti i residenti in regione Piemonte e per gli stranieri non residenti mentre i pescatori extra-regionali possono esercitare la pesca nelle acque libere (non vincolate da diritti particolari) provinciali semplicemente essendo in regola con le disposizioni vigenti nella regione di appartenenza, ferme restando tutte le altre disposizioni vigenti in materia di pesca nelle acque interne sul territorio regionale piemontese (riportate di seguito in altre pagine web).
Per la Regione Piemonte, quindi naturalmente per la provincia di Cuneo, la licenza è di tre tipi a seconda dei soggetti a cui viene rilasciata ed ai mezzi di pesca con cui viene esercitata:
Ogni terra si distingue per la varietà delle proposte che sa fare ai suoi ospiti.
Le nostre valli hanno saputo conservare nel tempo le tipicità alimentari e le produzioni tipiche che rappresentano una sorta di biglietto da visita del gusto, che viene meritatamente apprezzato. Le aree incontaminate sanno offrire prodotti che nascono in "purezza" e per questo sono ampiamente apprezzati.
Castagne, patate, mais, grano saraceno, frutta spontanea, selvaggina, formaggi sono solo esempi di una vasta gamma di proposte per chi ama lì alimentazione sana e base d'eccellenza per produrre una cucina saporita ed originale.
Le patate del Monte Alpet
Quando vennero importate dall'America, certamente non si sospettava che avrebbero riscosso un così grande successo nell'alimentazione del mondo occidentale.
Il comune tubero si è adattato, riproducendosi con facilità e ad ogni latitudine e quota; Tuttavia alcuni luoghi hanno generato, nei secoli, patate migliori. Le patate coltivate negli appezzamenti più elevati delle nostre valli sono rinomate da sempre per essere particolarmente saporite, coltivate "more antiquo" dove una terra particolare origina una pasta particolarmente morbida e gustosa.
La patata divenne ingrediente principale della cucina povera, e servì per sfamare generazioni di abitanti della montagna più isolata ed impervia ed oggi, queste stesse ricette, sono ricercate dagli appassionati che ritrovano in esse la genuinità più schietta della cucina locale.
Queste patate oggi sono protette da un marchio che ne identifica l'origine e la coltivazione nelle terre alte di Roburent e dei comuni confinanti.
La frutta e la verdura
Quando la sua vocazione era più prettamente agricola, Roburent produceva, oltre alle castagne, molta altra frutta e verdura. Rinomate e commerciate in modo proficuo per molto tempo furono le mele renette di Roburent. Fino al primo dopoguerra si faceva ancora buon commercio di pere, tra le quali le ormai rare Madernassa e Martin.
Roburent era nota, poi, per la produzione dell'aglio e di alcune varietà di fagioli che, coltivati a quest'altitudine e con una terra particolare assumevano una gustosità che li distingueva in modo netto.
Il grano saraceno
Il Polygonun Fagopyrum, questo è il nome scientifico del grano saraceno o "furmentin", è una pianta spontanea originaria della Siberia e della Manciuria. La sua coltura si è propagata poi ad oriente, verso la Cina nel decimo secolo e nel Medioevo arrivò anche in occidente. Pare che i Turchi siano stati gli artefici principali nel processo di propagazione di questa pianta, infatti essi l'avrebbero introdotta prima in Grecia e poi nella penisola balcanica. Da questa ipotesi deriverebbe il nome di Grano saraceno, vale a dire grano dei turchi o mori. Un'altra asserzione è quella secondo la quale la diffusione sia avvenuta attraverso l'Asia e l'Europa del Nord ad opera delle migrazioni delle stirpi mongole che dalla Russia meridionale portarono il "furmentin" fino alla Polonia e alla Germania, da dove si sarebbe sparso nel resto d'Europa. Forse un po' di autenticità sta in entrambe le supposizioni, ed anche se oggi è difficile trovare conferme in un senso o nell'altro è probabile che la propagazione del grano saraceno nel mondo occidentale sia avvenuta contemporaneamente sia da nord che da sud.
Questo "furmentin" che oggi conosce nel monregalese una meritata riscoperta, è importante non solo per le sue eccellenti qualità gastronomiche ma anche perché si inserisce a pieno titolo tra i cibi tollerati dai celiaci che non possono alimentarsi coi derivati del grano comune per la loro intolleranza al glutine.
Oggi il grano saraceno si coltiva in varie aree del comune di Roburent dove le ampie radure soleggiate tornano a tingersi ogni primavera del rosso brillante del furmentin.
Il grano saraceno sopporta male il freddo, e pertanto esige di essere coltivato nel periodo primavera-estate, spazio di tempo durante cui riesce a svolgere celermente il proprio ciclo biologico. Questo vegetale manifesta un'evidente adattabilità a terreni dotati di reazione acida e, anche se nel nord dell'Europa e del Centro Europa questa pianta compaia come cultura principale, in Italia rappresenta soprattutto una coltura intercalare praticata dopo un cereale autunno-invernale, come per esempio la segale o più raramente, il frumento.
La Polenta Saracena
Tra i ricordi del periodo in cui i mori invasero queste valli è rimasto anche questo alimento molto particolare, coltivato un tempo fino alle alte quote, nei campi terrazzati, per produrne farina e trasformarla quindi in polenta o pane. Il grano saraceno o "furmentin" come viene comunemente definito in queste valli, non è una graminacea ma una poligonacea ed è tollerato anche da coloro che soffrono del morbo celiaco e non possono alimentarsi con i derivati del grano. La più classica delle ricette ricavate da questa farina, che ha un bel colore grigio lucente, è la nota "polenta saracena", un tempo ricetta povera ed oggi ricercatezza dei palati più raffinati; si tratta di una polenta preparata con questa farina di "furmentin" e patate, che viene servita con un delizioso sugo di porri.
I funghi ed i tartufi
Il Porcino è il re dei funghi e lo si riconosce per il cappello tondeggiante che, nella parte superiore assume varie tonalità di marrone, variamente sfumate, mentre in quella inferiore è spugnoso e di colore bianco-giallognolo.
Il gambo varia dal colore beige al grigiastro e non è liscio, ma rivestito da un sottile reticolo dello stesso colore. Il suo profumo è molto gradevole e la polpa è bianca, soda ed estremamente saporita.
Viene cucinato in infinite maniere: trifolato col prezzemolo e l'aglio, per preparare sughi e risotti, fritto, sott'olio o sott'aceto.
Seccato è ottimo per essere utilizzato durante l'inverno, specie per la preparazione di sughi; gli abbinamenti più comuni del sugo a base di funghi sono quelli con la polenta, con gli gnocchi e con le tagliatelle.
Il tartufo nero, fratello minore del pregiato tubero bianco che nasce nelle vicine Langhe, offre il suo penetrante aroma a molti piatti nostrani, come i risotti, le tagliatelle ed altri piatti di pasta casareccia.
Gli appassionati "trifolau" lo scovano nei noccioleti della parte più bassa del nostro comune, grazie alla collaborazione ed all'insostituibile fiuto dei cani appositamente addestrati.
Il Formaggio Raschera
Il formaggio Raschera è senza dubbio il più importante tra i formaggi di queste valli. Esso prende il nome dal lago omonimo che si trova alle falde del Mongioie e viene prodotto nell'ambito di una ben definita area che comprende i comuni di Roburent, Pamparato, Frabosa Soprana, Frabosa Sottana ed Ormea e possiede il marchio DOP (Denominazione di origine Protetta) attraverso il quale lo si identifica con certezza.
Esistono due varietà: una preparata col latte di stalla o dei pascoli di pianura ed un'altra sui pascoli di montagna che si può dotare del marchio "Alpeggio".
La sue forme possono essere tonde o quadrate dal peso variabile fra i 6 e gli 8 chili. Questo formaggio deve stagionare per un periodo minimo di due mesi, ma sopporta benissimo stagionature lunghe che donano un bel colore paglierino alla pasta, rassodandola e conferendole un sapore più accentuato.
Noci e nocciole
La nocciola è un altro prodotto agricolo di prestigio che acquisisce sempre più importanza nel nostro territorio. La sua coltivazione è specializzata ed in continua espansione specie nelle Langhe e nel Monferrato.
Nelle nostre zone e nelle viene coltivata quasi esclusivamente la nocciola "Tonda Gentile delle Langhe" i cui frutti hanno qualità molto pregiata. Nel 1993 la TGL ha ottenuto dalla CEE l'Indicazione Geografica Protetta (IGP) con il nome di: "Nocciola Piemonte".
Il nocciolo, Corylus avellana L.,è un'antichissima pianta che vive e fruttifica allo stato selvatico in tutta Europa, in particolare sulle colline e sulle pendici dei monti, lungo sentieri e ruscelli. E' stata utilizzata dall'uomo già alla fine del periodo glaciale, quindi molto prima dell'olivo e della vite.
La nocciola si può consumare fresca appena raccolta, oppure in inverno come frutta secca o torrefatta. Sgusciate o torrefatte intere, in granella o in pasta le nocciole vengono impiegate nella preparazione dei torroni, del cioccolato alle nocciole, dei croccanti, dei gelati, delle torte e dei "gianduiotti" e nella pasticceria in genere ma una delle più tipiche preparazioni locali è la "cùpeta", una mi-scela di nocciole e miele posta tra due ostie. Una variabile di questo dolce vede l'utilizzo delle noci anziche delle nocciole.
Il nocciolo selvatico, che ora è diventato specie invasiva, dava e continua a dare un frutto assolutamente straordinario per gustosità.
Gli alberi selvatici producono nocciole piccole ma numerose ed estremamente saporite che oggi vengono utilizzate, come un tempo, nella preparazione dei dolci.
Le Noci locali, frutto che tutti conosciamo, sono oggi molto riva-lutate per il loro utilizzo nella preparazione di dolci. L'albero è presente in grande quantità, non tanto in frutteti densi ma in una sorta di "frutteto diffuso" sparso su ampia parte del nostro territorio.
Le Noci locali sono generalmente più piccole di quelle abitualmente in commercio ma il loro sapore è più intenso e deciso.
I biscotti e i dolci
Le "paste di meliga" le troverete più o meno in tutti i bar della regione, per non parlare delle pasticcerie che quasi non potrebbero conside-rarsi tali senza questi dolcetti gialli, croccanti, profumati e dall'impasto non troppo fine, in quanto la grana della farina di mais si deve sentire sotto i denti.
Il Presidio Slow Food ha focalizzato la sua attenzione sulle Paste di Meliga Monregalesi, prevedendo che esse vengano preparate secondo criteri tradizionali: zucchero, burro, uova biologiche fresche, e farina di frumento e di mais integrale macinata a pietra. Niente margarina, né aromi o conservanti.
Ma, soprattutto, è stata ricostruita una filiera all'insegna dell'alta qualità: alcuni contadini hanno reintrodotto l'antico Mais "Ottofile" ed è stato riattivato un mulino a pietra per la sua lavorazione.
Le paste di meliga devono essere gialle, croccanti, solubili in bocca, non untuose né dolciastre, con la granella della farina di Mais macinata a pietra avvertibile durante la masticazione.
Nel finale si deve percepire una lieve sensazione di tostatura. In alcuni casi le paste sono aromatizzate, in modo delicato, con scorza di limone, vaniglia o miele.
I nostri paesi sono noti anche per i loro dolci: esistono specialità tradizionali prodotte da sempre, con continuità e rispetto delle tradizioni e sono ottimi prodotti sia perché gli ingredienti di base sono genuini sia perché operano in loco alcuni artigiani veramente capaci. Tra le specialità del territorio non bisogna dimenticare le "bugie" che non possono mancare dall'assaggio di chi passa di qui.
I Vini
Le ultime propaggini alpine hanno prodotto, fin nel '900, uva da vino fino a quote considerevoli. Oggi questa tradizione è ridotta a produzioni molto limitate ma le nostre terre confinano con le Langhe, uno dei territori riconosciuti a livello mondiale per la qualità dei vini prodotti.
Accanto a noi si produce soprattutto Dolcetto ma siamo a due passi dai centri di produzione di Barolo, Barbaresco, Barbera, Moscato, vini di richiamo internazionale.
Salumi
La salumeria cuneese è un presidio economico molto avanzato per l'alta qualità del prodotto che mette sul mercato. La tradizione delle montagne che vedeva l'allevamento in ogni cascina del maiale del quale "non si sprecava nulla" si è tradotta, nei tempi moderni, in una produzione artigianale o industriale che rispetta i canoni della vecchia maniera di produrre salami, salsicce, cotechini.
La rigogliosa vegetazione boschiva delle nostre valli è costituita in modo prevalente da castagneti, pinete e faggete. Insieme a queste essenze, che sono dominanti, si aprono però stupendi boschi di betulla e di ciliegio selvatico ed innumerevoli sono le specie vegetali che completano la silenziosa popolazione vegetale che costituisce le aree forestali. La comunitá europea ha definito questi boschi come S.I.C. (Sito di interesse Comunitario) e li ha sottoposti a particolari tutele.
Il bosco è teatro di incontri con una ricca fauna, ma anche spazio per la ricerca dei funghi e dei prelibati frutti selvatici la cui raccolta
è possibile ma regolamentata.
I Funghi
Se parlerete di funghi con un amante della cucina di montagna lo sentirete esaltare il sapore degli intingoli e dei piatti che con questo prodotto possono essere preparati e verranno esaltati il profumo dei funghi secchi, il carattere dei funghi crudi e così via. Ma se parlerete con un appassionato "fungaiolo" scoprirete che la sua passione più che nel mangiarli, i funghi, sta nel cercarli.
La Flora
I nostri boschi conservano degnamente la loro tradizione di antica foresta.
Il territorio è ancora per la maggior parte ricoperto da fitta vegetazione, le sue parti più alte sono grandi ed estesi alpeggi, le zone basse sono campi, frutteti, orti.
Stazione di turismo estivo ed invernale
Il nome del paese deriva dalla devozione verso San Giacomo Apostolo in onore del quale fu eretto, in tempi remoti, un pilone votivo nel luogo dove ora sorge la bella chiesa barocca disegnata dall'architetto Francesco Gallo.
Il piccolo borgo alpino, situato sull'ampio costone soleggiato, era luogo dove si praticava la pastorizia, così come suggerisce il suo antico nome "Pianfej" che, nel dialetto arcaico indicava il "piano delle pecore".
Una tradizione di turismo
Roburent é situato ad 800 metri di altitudine, sul largo costone che digrada sulla destra orografica del torrente Roburentello, nell'area situata a cavallo tra le Valli Corsaglia e Casotto.
Il Comune, oltre al capoluogo, comprende le frazioni di Cardini, Pra e Sangiacomo.
Il paese, andatosi lentamente spopolando nell'ultimo secolo, ha tuttavia trovato le risorse necessarie per mantenersi vivo, grazie ad una fiorente attività turistica, presente soprattutto a Sangiacomo, popolosa frazione a quattro chilometri dal capoluogo. Il luogo, abitato probabilmente già in epoca pre-romana dai Liguri Montani, fu nel periodo romano un punto di passaggio, trovandosi in prossimità della strada Sonia o Savinia, importante via di comunicazione che univa le valli del monregalese al mare, passando per Garessio.
Negli anni dal 900 al 975 la sua popolazione pare abbia subito, come tutti gli insediamenti circostanti, i danni causati dalle incursioni dei Saraceni, anche se la torre, detta "Saracena" che sorge nel centro del paese, risale invece ad un periodo più tardo, ascrivibile agli anni attorno al mille. Subì in maniera minore di Montaldo le devastazioni della Guerra del sale, anche se la frazione Pra fu incendiata e distrutta in buona parte. Fu poi interessata da qualche scaramuccia durante la guerra franco-piemontese del 1794; in particolare le milizie locali, guidate dall'agrimesore Galleani, costruirono un campo trincerato sul Monte Savino mentre alle truppe francesi si deve quel che rimane del grande "Accampamento" costruito all'alpe Robert.
In Roburent e'' interessante da visitare la chiesa parrocchiale edificata su progetto dell''architetto Francesco Gallo, così come sarà interessante vedere la torre medievale. Numerose sono anche le cappelle disseminate ovunque, nel paese ed attorno ad esso. Alcune interessanti pietre scolpite sono visibili, inoltre, alla borgata Cascina (1555) in Codevilla ed alla borgata Garie' (1422).
Roburent é un paese "lungo" , che si é sviluppato seguendo la direttrice che collega i due principali rioni che lo compongono: Codevilla, più in basso e Piazza, più in alto. Sono molte altre, però, le borgate ed i rioni; S.Antonio, Roa' dei Mozzi, Roà dei Savi, Roà dei Garie', Lo Scarrone, la Montà.
Alcune delle borgate più distanti dal capoluogo che un tempo erano piccoli villaggi alpini si sono poi sviluppati fino a superare il capoluogo, come estensione e come importanza economica. Molte ipotesi sono state fatte sull''origine del nome "Roburent" ; qualcuno vorrebbe farlo derivare dal latino "robur", altri sostengono la improbabile derivazione dalla remota presenza di boschi di quercia "quercus robur", ma l'ipotesi più attendibile e' quella che il nome nasca come riferimento alla rumorosità delle acque del torrente che solca la stretta valle in prossimità dell'abitato. Questa ipotesi sarebbe avvalorata da un documento notarile dell'anno 1118 con il quale Landolfo, vescovo di Asti, concede il territorio roburentese agli uomini di Vico, documento sottoscritto anche da un certo Furcheridus de Rivo Bruzenti. Altri documenti testimoniano la lenta evoluzione del nome in Rivuo Bruzenti, Rivuobrugente, Rivobruzzente , Rioburente e, infine, in Roburent. Sangiacomo, anticamente, portava il nome di Pianfej, solo dopo la costruzione della Parrocchiale, avvenuta nel 1735, intitolata appunto a questo santo, la borgata ne assunse il nome.
La più antica testimonianza di insediamenti umani in questi territori é quella ipotizzata dall'archeologo alessandrino Janigro D'Acquino il quale documentò, in una relazione sui megaliti del Monregalese, il ritrovamento di alcuni altari di pietra sull'Alpe Robert, all'estremo confine sud del territorio comunale di Roburent. L'ipotesi dello studioso alessandrino é che queste zone montuose fossero abitate da popolazioni preistoriche dedite alla pastorizia, adoratrici del sole e del tuono, molto simili alle comunità preistoriche che popolavano la vicina "Valle delle Meraviglie". Del passaggio e dell'esistenza di popolazioni Ingaune e di Liguri Montani durante l'epoca romana, si hanno testimonianze più ampie. Una stele funeraria di quel periodo venne ritrovata presso il monte Savino, alle spalle di Roburent, area importante per il transito dalle pianure verso la costa ligure, garantito dalla antica via Sonia o Savinia che collegava Augusta Bagiennorum con Albenga. Con una certa precisione si possono poi ricostruire i fatti che seguono l'anno mille. A Roburent viene costruito un castello, di cui rimane intatto il torrione di guardia e parte del muro e, seguendo le alterne vicende che la storia di quei secoli ci ha tramandato, anche questo comune passò di mano in mano più volte.
Nel 1153 il feudo fu del vescovo di Asti. Mondovì ne contese il possesso agli astigiani più volte per la ricchezza dei boschi . Infine, dal 1419, il Comune, castello compreso, passarono ai Savoia i quali ne detennero la proprietà molto a lungo. Molti altri avvenimento caratterizzarono le vicende di questa piccola comunità, che venne coinvolta intorno al 1600 nella nota "Guerra del Sale".
Altri episodi degni di nota risalgono al periodo napoleonico, quando si assistette in zona ad una forte resistenza contro le truppe francesi. Di quel periodo rimane, in Sangiacomo, un ricordo legato alla toponomastica; la strada campestre che collega l'abitato con il Monte Alpet proseguendo poi per l'Alpe Robert, porta ancora il nome di "Via dei Cannoni" a memoria della nefasta processione di armamenti che avvenne in queste contrade durante l'invasione napoleonica.
Tuttavia é necessario individuare questa valle, perché possiede un territorio con importanti tratti naturalistici ed ambientali e, in secondo luogo, perché essa costituisce un naturale accesso alla Valle Casotto, lungo la quale si sviluppano splendidi itinerari.
Cardini (frazione di Roburent)
Poco lontano da Sangiacomo sono i Cardini (1158 m), la più alta borgata di Roburent, affondata nel fitto della vegetazione, dove sorge la piccola chiesetta dedicata a San Matteo. Qui sorge un albergo di lunga tradizione, recentemente ammodernato e di qui partono le sciovie che portano sulla cima dell'Alpet.
Prà (frazione di Roburent)
Prà, frazione di Roburent, sorge ad un'altitudine di 1014 m, sull'ampio versante del Monte Alpet che scende verso la valle Corsaglia a formarne la destra orografica. Attorno alla chiesa si raccoglie il più cospicuo gruppo di case, ma numerose borgate sorgono sparse nei dintorni e molte, fra esse, possiedono una struttura tale che fu in grado, nel passato, di garantire loro una discreta autonomia essendo dotate, per esempio, di forno comunitario e di sorgenti proprie.
La storia di Prà si identifica, a grandi linee, con quella del capoluogo.
L' 8 marzo 1699, nei tragici momenti conclusivi della Guerra del Sale, il concentrico e numerosi cascinali dei dintorni vennero bruciati e distrutti dalle truppe sabaude; di triste memoria il grande roccione che sovrasta l''abitato chiamato ancora oggi "Rocca dei morti", proprio in ricordo di una funesta battaglia.
La strada provinciale, che inizia presso Torre Mondovì diretta alla frazione Fontane, raggiunta Corsaglia viaggia sulla destra orografica del torrente per un paio di chilometri fino ad un bivio; a sinistra si stacca una stretta rotabile asfaltata che con alcuni tornanti fra boschi di castagni raggiunge Pra' di Roburent (5 km da Corsaglia), situata in panoramica posizione.
La strada alternativa per giungere a Prà é quella sterrata che da Sangiacomo (circa 7 km) percorre a mezza costa i versanti dell'Alpet, passando dai Vernagli dove si trova il rifugio "La Maddalena", nei pressi della cappella omonima, per giungere all'abitato di Pra' dall'alto. Il rustico porticato che affianca la piazzetta del paese dove sorge la chiesa é stato, in questi ultimi anni, completamente affrescato dai migliori artisti del monregalese.
Un comune ricco di storia
Situato ad un'altitudine di m 796 sullo spartiacque tra la valle Roburentello e la valle Corsaglia, Montaldo vanta una storia molto antica.
La scoperta di massi con incisioni coppelliformi e di altri resti preistorici venuti alla luce in località "Castello", durante scavi archeologici effettuati negli anni ottanta, hanno dato conferma all’ipotesi che la zona fosse abitata già nel periodo neolitico. E'' certo comunque che il centro fosse abitato in epoca romana, come è dimostrato dalla scoperta di due lapidi, ora murate nella cappella di San Rocco. La prima notizia certa del nome "Montaldo" è del 1041, quando, in un diploma di Arrigo III, si cita il Romitorio di Sant''Ambrogio detto di Montaldo. Il paese fu il vero e proprio epicentro, alla fine del XVII secolo, della "Guerra del sale". In particolare, negli ultimi giorni del giugno 1681, fu combattuta tra i valligiani insorti e le truppe sabaude quella che venne chiamata proprio la "battaglia di Montaldo". Dopo accaniti combattimenti le truppe del Duca di Savoia riuscirono ad entrare nel paese, incendiandolo e saccheggiandolo, pagando però a caro prezzo tale impresa. Attaccato ripetutamente durante il ritorno a Mondovì, l’esercito piemontese, subì infatti gravi perdite. Peggiore ancora fu la repressione nel 1699, atto conclusivo della "Guerra del sale".
Le truppe sabaude, al comando del generale Des Hayes, nel marzo di quell''anno, dopo aver sconfitto gli insorti al Bricchetto, tra Mondovì e Vicoforte, mossero verso Montaldo. Nonostante la resistenza degli abitanti, il villaggio fu nuovamente preso e saccheggiato: otto borgate su nove vennero incendiate, furono impiccate 49 persone e 450 famiglie furono deportate nel Vercellese. Furono inoltre abbattuti, nei mesi seguenti, i boschi di castagno dei dintorni, per evitare che potessero offrire rifugio ad eventuali rivoltosi ed offrire reddito alle famiglie. Le frazioni di Montaldo sono Sant’Anna Collarea e Corsagliola. Un tempo fiorente per la villeggiatura, il paese ha spostato ora le sue principali potenzialità turistiche verso Sant’Anna il cui abitato forma continuità con quello di Sangiacomo. Da vedere l’area archeologica nella zona Castello, la bella parrocchiale dell’Assunta, la borgata Roà Marenca.
Sant’Anna Collarea (fraz. di Montaldo)
Frazione di Montaldo, Sant’Anna si trova più a monte del capoluogo ed è andata sviluppandosi fino ad unirsi con l’abitato di Sangiacomo di Roburent. Il luogo, un tempo principalmente borgo agricolo, ha conosciuto un notevole incremento edilizio e, di conseguenza, un buon sviluppo dal punto di vista turistico dovuto soprattutto alla grande quantità di persone attratte dalle attività invernali che si svolgono a Sangiacomo. Il paese ha sviluppato anche una propria attività turistica, dotandosi di locali pubblici, di ristoranti e di infrastrutture sportive legate al tennis, in estate, ed al pattinaggio su ghiaccio, in inverno. È imminente anche l’apertura di un nuovissimo campo da golf a nove buche. La chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Anna, apre la propria facciata sulla piazzetta del paese; poco distante vi è la struttura sportiva pubblica, ed il centro è sede di una associazione turistica attiva e vivace. Numerose sono le feste che si tengono in paese, pittoresca soprattutto quella estiva che si svolge nelle vicinanze della cappella di San Salvatore, presso la grande dolina carsica omonima che conferisce al luogo una grande suggestività.
e le sue frazioni
Pamparato, principale centro della Valle Casotto, sorge ad 816 m su un costone a poca distanza dal fondovalle, sulla destra orografica del torrente che qui scorre.
Fanno parte del comune le frazioni Serra e Valcasotto. Di origine antica, (sono state trovate nei paraggi alcune lapidi romane), il paese è citato per la prima volta in un atto del 911 nel quale si precisano i suoi confini. Pare che abbia subito le scorrerie dei Saraceni, (e ne sarebbe testimonianza il fatto che sono rimaste abbondanti tracce in leggende e parole del dialetto locale) fino alla loro cacciata dalla zona, avvenuta verso il 975. Dominio del marchesato di Ceva fino al 1214, il paese seppe conquistarsi una sua autonomia fino a reggersi come comune ed a redigere, nel 1391, gli Statuti. Nel 1535 entrò a far parte dei domini dei Savoia. Pamparato ha un passato importante, è stato infatti a lungo, capoluogo di mandamento e sede di importanti commerci con la pianura, con l’entroterra ligure e con le città della costa. Del più antico castello non restano che pochi ruderi arroccati su un altura che sovrasta il paese, mentre il nuovo castello “Cordero di Montezemolo”, (XVII secolo) attualmente sede del Comune sorge al centro del paese su una piccola altura ed è in ottimo stato. Bella la chiesa parrocchiale di San Biagio, edificata su disegno del noto architetto fossanese Giovenale Boetto nella metà del XVII secolo e notevoli alcune cappelle, fra le quali spicca quella di San Bernardo che contiene preziosi affreschi.
Serra (fraz. di Pamparato)
Frazione di Pamparato, Serra sorge sul costone che divide la valle del Casotto da quella del Roburentello, adagiata sull’estremo lembo settentrionale delle falde del monte Alpet. Il paese è situato all’incrocio fra le strade che conducono a Torre, a Roburent, a Sangiacomo ed a Pamparato ed è sede di una vitale attività turistica, agevolata dalla presenza di una natura molto rigogliosa ma anche dalla vicinanza della seggiovia che porta sul Monte Alpet. Una bella chiesa, dedicata alla SS.Maria, si trova nel concentrico principale, ma il paese si allunga parecchio oltre, seguendo l’andamento della provinciale. Un tempo piccolo borgo agricolo, Serra ha avuto un discreto sviluppo edilizio ed oggi alcuni esercizi commerciali e ristoranti consentono un buon soggiorno a chi intende trascorrere qui un periodo di vacanza. Da non perdere è il “Museo degli usi e costumi della gente di montagna”, che si trova in un vecchio palazzo poco distante dalla chiesa. Si tratta di un bell’esempio di museo etnografico e contiene raccolte di attrezzi del lavoro contadino, nonché la ricostruzione di alcuni locali tipici quali la camera da letto, la cucina, la scuola, la sala del telaio. Poco lontani di qui la borgata Arotte ed il santuario dell’ Assunta immerso nel fitto della vegetazione
Valcasotto (fraz. di Pamparato)
Valcasotto, frazione di Pamparato, ha conservato intatta nel tempo la propria fisionomia di villaggio alpino. Punto di passaggio, già in epoca molto antica, sulla direttrice “Pianura Monregalese - costa Ligure”, deve probabilmente la propria origine all’antichissimo insediamento monastico che sorse intorno al mille poco lontano, dove nacque la fiorente Certosa di Casotto. Qualcuno vuole ascrivere l’origine del nome ad una fase iniziale del villaggio in cui le poche case (case-otto, appunto) avrebbe determinato la definizione toponomastica del luogo, ma tale interpretazione ha più un sapore romantico che non storico. La Vallis Casolarum, nome con cui viene anticamente indicato il luogo selvaggio dove si insediano i primi anacoreti che daranno origine al convento certosino, offre forse uno spunto più solido sia sulle origini, che sul nome del paese. Il pendio, che scende ripido verso il torrente Casotto, appare ancora oggi abbondantemente terrazzato a riprova di una antica cultura agricola che il centro possedeva, divulgata proprio da quei frati che per secoli abitarono la zona. Numerose borgate sorgono intorno al concentrico ed ognuna merita una piacevole passeggiata, mentre la parrocchiale (dedicata a San Luigi) ed una parte del concentrico principale sono collocati su un poggio sopraelevato. Il concentrico vanta una bella chiesa dove si conserva un’antichissima lampada un tempo mantenuta accesa presso la tomba del Beato Guglielmo, presso la Correria del convento certosino. Ma qui sorge anche un piccolo paradiso per i buongustai: infatti c’è la sede di una nota affinatura di formaggi dove, all’interno di speciali “cavò” i tipici impasti del “Raschera”, del “Testun”, del “Bruss” e della “Sola”, insieme ad altri noti formaggi, giungono all’ideale maturazione per essere poi immessi sul mercato. La stagionatura possiede, per la fortuna di chi passa per questo luogo, anche un punto di vendita al pubblico. A poca distanza, da vedere, la Certosa oggi diventata "Castello di Casotto", con vicino l’antico quartiere della Correria. Valcasotto ha legato in modo indissolubile il proprio nome all’epoca della Guerra di Liberazione; vi si costituì, infatti il “Primo Gruppo Divisioni Alpine” al seguito di una riunione alla quale parteciparono i più alti vertici dell’organizzazione partigiana. Qui si tenne, nella primavera del ’44, una sanguinosa e cruenta battaglia.
Il Giornale di Sangiacomo, nato quasi per scommessa negli anni settanta è il simbolo della continuità delle iniziative dell'Associazione che, da molti anni, ne cura la redazione e la stampa. Superati i 70 numeri semestrali ed oltre trentacinque anni di vita, esso rappresenta un record di continuità tra i periodici a diffusione gratuita.
L'associazione culturale Savin è stata costituita "ex novo" nella forma attuale, nel giugno del 2006, anche se la prima costituzione del "Gruppo culturale Savin" che la precedeva risale all'anno 1981. Da allora l'Associazione persegue lo scopo di valorizzare, diffondere e sostenere la cultura sotto svariate forme, promuovendo mostre, incontri, convegni, pubblicazioni, film e dibattiti.
L'associazione Savin è un contenitore in assiduo fermento. Il suo punto di vista è spesso quello della montagna Monregalese ove essa opera; di questo sono chiaramente espressione varie iniziative legate al territorio, ma il suo sguardo spazia molto volentieri oltre qualsiasi linea di confine, confrontandosi con temi storici, letterari, di attualità o etnografici di sapore globale.
Qualche "pillola" per chi frequenta la nostra Valle e sul come raggiungerla. Sono tante le attrattive per chi ama e pratica lo sport, le attività all'aria aperta, il cinema e la buona cucina.
L'ampia porzione del basso Cuneese che si estende da Mondovì verso sud fino a raggiungere le cime delle Marittime.
"A decorrere dall'anno 2018, i soggetti di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, i soggetti di cui all'articolo 137 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonche' le associazioni, le Onlus e le fondazioni che intrattengono rapporti economici con le pubbliche amministrazioni e con i soggetti di cui all'articolo 2 – bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, nonche' con societa' controllate di diritto o di fatto direttamente o indirettamente da pubbliche amministrazioni, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le societa' da loro partecipate, e con societa' in partecipazione pubblica, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le societa' da loro partecipate, pubblicano entro il 28 febbraio di ogni anno, nei propri siti o portali digitali, le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque a vantaggi economici di qualunque genere ricevuti dalle medesime pubbliche amministrazioni e dai medesimi soggetti nell'anno precedente. Le imprese che ricevono sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti di cui al primo periodo sono tenute a pubblicare tali importi nella nota integrativa del bilancio di esercizio e nella nota integrativa dell'eventuale bilancio consolidato. L'inosservanza di tale obbligo comporta la restituzione delle somme ai soggetti eroganti entro tre mesi dalla data di cui al periodo precedente. Qualora i soggetti eroganti appartengano alle amministrazioni centrali dello Stato ed abbiano adempiuto agli obblighi di pubblicazione previsti dall'articolo 26 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, le somme di cui al terzo periodo sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai pertinenti capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni originariamente competenti per materia. Nel caso in cui i soggetti eroganti non abbiano adempiuto ai prescritti obblighi di pubblicazione di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, le somme di cui al terzo periodo sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per la lotta alla poverta' e all'esclusione sociale, di cui all'articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208".
Promozione del Libro e della Lettura
Enti privati. Determinazione n. 689 del 19-12-2018
La Regione Piemonte- Direzione Promozione della cultura, turismo e sport - Settore Promozione dei beni librari e archivistici, editoria e istituti culturali, con determinazione dirigenziale n. 689/2018 ha assegnato a favore dell'Associazione Culturale Savin, per l'anno 2018, in riscontro all'avviso pubblico approvato con determinazione n.330 del 02/08/2018, un contributo di € 9.700,00 per la realizzazione dell'iniziativa "Concorso letterario la Quercia dei Myr"
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